lunedì 12 agosto 2013

Siamo alla metà di agosto, l'ondata di caldo ha accarezzato anche le nostre verdeggianti campagne, ricche di granoturco ormai alto...cosa c'è di meglio di un gelato? Ecco cosa accadeva a Vermezzo, un'estate di tanti anni fa: scopritelo ne "Il gelato della Teresina"


      Erano i tempi della Belle Epoque, quel periodo di pace e relativa prosperità che dalla Francia sul finire dell’800 stava dilagando in tutta Europa e che sarebbe terminato con lo scoppio della grande guerra mondiale del 1915-18. A Vermezzo, quattro case raccolte intorno alla chiesa ed al municipio, di tutto ciò c’era solo una vaghissima traccia. 
Nel 1893, in una povera casa di fronte al municipio, nasce Francesco Cairati. La mamma Teresa ha già un paio di figli. Ancora non sa che in tutto ne avrà sei, quattro maschi e due femmine, e che nel volgere di vent’anni la sua famiglia pagherà un pesante tributo alla guerra che segnerà l’inizio del nuovo secolo. Saranno infatti tre i suoi ragazzi chiamati al fronte allo scoppio delle ostilità nel 1915. Il primogenito Giuseppe non farà più ritorno. Francesco verrà inviato sul fronte orientale e tornerà a casa dopo una lunga prigionia in Russia. Sposerà poco dopo Giuseppina Giussani originaria di Gaggiano e di mestiere farà il muratore (el magùtt), mentre la sua giovane signora andrà a servizio nella casa dell’Avv. Locati, il futuro segretario politico del Fascio a Vermezzo. La mamma verrà risarcita dallo Stato per la perdita del figlio mediante la concessione del monopolio di sali e tabacchi, e così aprirà nella sua casa la prima tabaccheria di Vermezzo, la Teresa tabachéra.

Lei si industria moltissimo per campare la famiglia: d’inverno serve caffè fatto nel bricco e d’estate mette qualche tavolino nel cortile e vende il gelato che lei stessa ha imparato a produrre. L’ingresso di quel cortile è ancora quello che si apre sull’attuale parcheggio di fronte al Comune.

Abitano tutti in quella piccola casa con annessa attività i Cairati, anche i figli sposati, fino a che i tre fratelli maschi non riescono ad acquistare un piede di case molto vecchio sulla via Umberto I° e vi si trasferiscono. Ancora oggi, dopo adeguato restauro, vi abitano la figlia Teresina,  i nipoti ed i pronipoti di Francesco. La Teresa tabachéra porta lì la sua botteguccia, nel cui retro prepara le moke di caffè per gli avventori, trincia il tabacco e confeziona toscani, sigari  e sigarette per i suoi clienti. Il lavoro si moltiplica in occasione delle adunate sotto il municipio per ascoltare la radio dagli altoparlanti posti sulla terrazza del primo piano, quando si devono ascoltare i discorsi del Duce. Dietro la bottega c’è un bel giardino interno, cui si accede da un portone sulla via di fianco al negozietto. Nel mezzo c’è un’enorme pianta di prugne che rende una bella frescura in estate. Lì sotto ci mette i tavolini per il suo ormai famoso gelato e, il giorno della festa del paese a metà luglio, serve anche l’oca arrosto per quelle famiglie che possono permettersene la spesa. La tabachéra lavorerà lì in quei pochi metri quadri, cui si aggiunge solo una camera da letto al piano superiore, fino alla sua morte, nel 1938. Francesco, intanto, ha avuto un grave incidente sul lavoro in un cantiere a Milano, resterà azzoppato e dovrà per tutta la vita camminare appoggiato ad un bastone. Dopo vent’anni di matrimonio, Francesco e Giuseppina si sono rassegnati a non avere figli ma, nel 1940, nasce Savina. Un miracolo per quei tempi, che si ripeterà cinque anni più tardi quando arriva anche Teresa, per tutti da sempre a Vermezzo la Teresina: “la mia mama l’era convinta che gh’era rivaa la menopausa, inveci s’eri mì e m’han miss el nom de la mia nona tabachéra che hoo maj cognussù”.

A nove mesi di età anche alla piccola Teresina accade un brutto incidente: cade dal letto e si procura una vastissima ferita sbattendo il viso sul pitale da notte in ferro. Il medico condotto dell’epoca, l’Amendola, si improvvisa chirurgo e sarto ricucendola tutta come meglio poteva. Per moltissimi anni Teresina soffrirà della evidente cicatrice che le sfigura il bel volto, cui solo il passare del tempo porrà rimedio: “l’Amendula l’era un bravo dottor, ma anche el temp…….”

Con la famiglia aumentata e Francesco invalido la Giuseppina, già quasi cinquantenne, continua a lavorare come domestica e, in più, lavora nell’edificio del Comune presso l’asilo nido e la scuola materna come cuoca ed inserviente, anche se la salute è alquanto malferma. La condizione della famiglia è assai modesta e, racconta la Teresina, che per tutta la sua fanciullezza il solo cibo a disposizione per lei era la minestra nella “caldarina” accanto al camino:“quand vegneva Natal in cà mia rivava nò el Bambin, vegneva la mia zia de Rusà cont i turunin e i mandarin, ma dovevi spetalla su la strada”. Teresina frequenta  tutto il ciclo scolastico fino alla quinta, poi con la bicicletta ogni giorno va a Gudo per la scuola media ma “hoo minga podù finilla, in cà gh’era bisogn de danee”,  e così va a lavorare in paese presso il laboratorio dei Mazzola, dove si confezionavano lenzuola, federe e vestiario per gli ospedali.Teresina è una ragazzina vivace, la cui mamma è spesso ricoverata per cure mediche ma, si commuove al ricordo, trova una vice mamma nella vicina di casa, Adele Lanterna. Sarà lei ad indirizzarne i passi durante l’adolescenza, a consigliarla per la futura vita di donna, ad insegnarle e passarle il lavoro da sarta, a guidarla nelle varie fasi della sua crescita e ad aiutarla sempre anche dopo sposata: “alla sua memoria restarù ligada per tutta la vita, l’è stada per mì una figura unica. Scrivell, che l’è important!”.Nel 1960 Teresina ha quindici anni, non lavora più in paese ma va a Milano tutti i giorni con la corriera “lavoravi alla Martas, fasevi la biancheria intima per i donn”. Sul pullmann conosce un bel ragazzo biondo poco più grande di lei, l’Angelo Trabucchi, che gli nasconde per molto tempo di essere di Zelo, “on butasch”. Tra i due nasce l’amore, ostacolato dal padre Francesco che ormai passa molto del suo tempo alla cooperativa. Davanti alla casa della Teresina, dove oggi sorge il palazzo con sotto i negozi  a lato del municipio, all’epoca c’erano giardini ed orti e, poco oltre, la cooperativa: “el mè papà el rivava ciucc da là, el traversava i ort e el borlava semper giò sura la ret de recinsion. Una volta el s’è finna taja sù tutt, cunscià de traa via”, ridacchia rievocando l’episodio. Francesco Cairati morirà nel 1964. Proprio in cooperativa, durante la festa da ballo di carnevale del ’65, Teresina ed Angelo si fidanzano ufficialmente e si sposeranno due anni più tardi. Dalla loro unione nasceranno Sabrina ed Enrico. Oggi l’Angelo Trabucc non c’è più, è mancato dopo breve malattia nel 2009 e resterà indimenticato a Vermezzo per le molteplici e meritorie attività cui si è dedicato per tutta la vita, un vero pilastro della comunità.  Teresina, ora, fa la nonna a tempo pieno di tre bellissimi nipoti ma, mentre termina il filo dei suoi ricordi, una lieve ombra di tristezza le passa sul viso. La vita non sempre è stata lieve con lei, come per la sua mai conosciuta ava di cui perpetua il nome: Teresa, la nonna del gelato.

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